Posso proporre io un po’ di test visto il dilagare di questa nuova mania?
1) Quanto pensi che possa interessare alla gente, da 1 a 10, che se fossi stato un albero, saresti stato una quercia?”
2) Ora che a 55 anni e sai che avresti dovuto fare giurisprudenza ma soprattutto, credi che sia vero solo perché hai risposto che il tuo libro preferito è Delitto e castigo, come la mettiamo?
3) Quanto pensi che la gente possa dubitare, sempre da 1 a 10, che se fossi stato un supereroe saresti stato Batman con la faccia che ti ritrovi?
4) Hai mai firmato enciclopedie per strada o ricaricato Postepay per pagare un cellulare di ultima generazione ad un prezzo stracciato visto su Subito.it?
5) Credi che la laurea in psicologia sia in regalo con la tovaglia scozzese raccogliendo 100 punti fragola dell’Esselunga?
6) In questo momento, vorresti cancellarmi perché sì, stai ridendo ma un po’ ti senti pure offeso?
Mese: gennaio 2015
Pubblicità progresso
Ho acceso la televisione passando per la cucina, il tempo di voltare le spalle ed una voce fuori campo sussurrava “hai spesso la candida?”. Torno indietro per capire che tipo di pubblicità fosse, convinta di trovarmi una bella campagna di pubblicità progresso in cui lo Stato investe quei pochi spiccioli per sensibilizzare le persone sui temi caldi come la droga, l’alcool o la guida spericolata, che poi mettono paura quanto una scritta sui pacchetti di sigarette. Invece no, promuovono una crema per le infezioni vaginali…dopo l’adolescente col prurito intimo, troviamo una donna seduta sul letto che parla con nonchalance delle colonie di funghi stanziate nel suo apparato riproduttivo. Metti una crema e uccidi i funghi, che siano sui piedi o nella vagina poco importa, spalmati l’unguento e tutto passa, poi sorridente recati al lavoro. Ormai ne parlano come fosse tutto nella norma, in prime time trovi queste pubblicità, dalla disfunzione erettile alle perdite urinarie maleodoranti e tutti i protagonisti sorridenti come chessò fosse un semplice mal di testa. A parte il cattivo gusto opinabile o meno, la vagina ed il pene sono diventati protagonisti assoluti delle campagne marketing: i loro problemi, le loro prestazioni, il tempo che ne inficia le performances; tutto è mirato per avere sempre il meglio da questi due organi. Manteniamoli sani e belli a lungo, spalmiamogli creme, profumiamoli anche da malati e rendiamoli pronti all’uso in ogni momento. Il resto del corpo che c’è attaccato intorno fa solo da contorno. Sai che problema si creerebbe se un giorno smettessero di funzionare? Che fai, non soddisfi più il tuo partner obbligandolo a guardarsi attorno? Che gli dici al partner occasionale se poi non puoi usarlo? Son figure, mica si può deludere così. E poi ci sediamo al tavolo con nostro figlio e gli spieghiamo che i valori della vita sono altri, tipo? Che mamma e papà si separano perché papà ha trovato una ragazza avvenente? Che mamma ha conosciuto uno in chat e se ne è perdutamente innamorata? Che il nuovo compagno non c’é più ma ne arriva uno migliore? Ecco perché i due organi protagonisti devono essere sempre in forma smagliante, pronti ad essere ancora accattivanti per il prossimo utilizzatore. Perché qui o in tv, non si parla mai di investire in sentimenti, ma solo in creme, quelle usa e getta, quelle palliative per risolvere un problema velocemente e sembrare sani. Si vuole insegnare alle nuove generazioni ad avere la testa sulle spalle, quando la nostra sembra ormai essere definitivamente infilata in mezzo alle gambe.
20 anni fa, ma la storia resta sempre la stessa!
In spiaggia, vent’anni. Parlo con un architetto tedesco affascinante, gli snocciolo a menadito le opere di Kant e cito pure le frasi più interessanti della critica della ragion pura in tedesco. Sudata fradicia ma orgogliosa di aver dimostrato cotanta sapienza lo guardo e vedo orgogliosa dello sbigottimento nei suoi occhi. L’ avevo steso, ce l’avevo fatta, provai quello stesso senso di onnipotenza che nel film Scarface spinge Tony Montana a collocare nel salone un obelisco con scritta lampeggiante “the world is yours”. D’un tratto, ruppe il silenzio e disse “Zcuza ma che taglia portare di regghiseno?” Da quel momento e per tutti i venti successivi, che fosse Nietzsche al posto di Kant, la primavera araba anziché il ratto delle Sabine, che fossi in costume od in tuta e che lui fosse un architetto od un macellaio poche cose ho avuto chiare in vita, ma di certo una l’ho imparata: di Kant non gliene frega un cazzo a nessuno. Ed ora via, verso nuove avventure!
Una storia tristissima: Velia e Maddalena
Posso ascoltare tutti i racconti, le agghiaccianti biografie dei peggiori serial killer senza fare una piega, ma la storia di Velia e Maddalena mi spacca letteralmente il cuore. Si tratta di due donne, madre e figlia che finiscono in una baraccopoli per la ricerca di amore di Velia, la figlia. Velia è una signora benestante della Viareggio odierna, una donna di mezza età che vive serenamente con il marito ed i suoi due figli, accudendo l’anziana madre, Maddalena. Improvvisamente il marito muore e Velia si trova sola, non le piace, non si dà pace. Velia vuole l’amore, un uomo che si prenda cura di lei. Inizia una ricerca spasmodica, si aggrappa a uomini sbagliati chiedendo solo di essere amata. Come spesso accade a queste donne, il desiderio di amore annebbia la mente, è talmente alto il valore che si dà a quell’amore perduto che tutto può essere giustificato. Viene spesso picchiata dal compagno di turno, maltrattata e infine, costretta a malincuore a rinunciarci. Un giorno incontra lui, Massimo Remorini; lui la ama, stavolta ne è certa, lui si prenderà cura di lei, le starà accanto, l’aiuterà a sbrigare tutte le faccende burocratiche che da sola sembra impossibile gestire e che il figlio un po’ ingenuo non è in grado di svolgere. Lui le promette amore, vita insieme e supporto, quello che Velia ha cercato per una vita intera, Velia è finalmente felice.
A Remorini oltre che al cuore e alla speranza, affida tutti i suoi beni e come lei, fa l’anziana madre, convinta che la felicità della figlia possa essere l’unica possibilità di vita serena per entrambe.
Lui le ruba tutto, le vende le case di famiglia e dilapida tutto il suo patrimonio in feste e vita smodata assieme alla sua amante. Velia comincia forse a capire che anche stavolta, l’amore le ha voltato le spalle, si lascia andare, non mangia più. Accetta persino di trasferirsi in un campo fangoso con l’anziana madre in carrozzina, in mezzo ai rottami e ai ratti, mentre lui fa man bassa di tutti i suoi averi, non preoccupandosi nemmeno più di fingersi innamorato. Se ne disfa, come si fa di un tv rotto, si va in un campo e lo si butta là in mezzo.
Ed è così che lei, quella della Viareggio bene, quella che aveva accettato tutto per un sogno d’amore, ora passa le sue giornate rinchiusa a chiave tra quelle quattro lamiere, con l’estate che toglie il fiato e gli insetti che le mangiano il viso; lei ora, forse troppo stanca per ammettere l’ennesimo fallimento, si lascia morire.
Velia avrebbe potuto ribellarsi, riprendere in mano la sua vita e ricominciare; probabilmente ha preferito smettere di lottare piuttosto che accettare la sua vita senza amore.
I loro corpi non verranno mai trovati, si vocifera che il finto innamorato, le abbia lasciate morire di stenti e poi bruciato i corpi dentro un bidone dell’immondizia. Velia chiedeva solo di essere amata, nulla di più.
Rimane solo una foto di una donna invecchiata e trasandata che cerca ancora di sorridere in quel campo di rottami.
Aspettava il suo uomo, dice il figlio mentre mostra la foto ai giornalisti, le aveva detto che sarebbe venuta a riprenderla per cominciare una nuova vita insieme.
Cosa ci può essere di più triste del conoscere questa storia, fatta di orchi, di ingenue principesse e dell’ennesimo principe che non arriverà mai.
Ci avete mai fatto caso?
Le donne possono essere distinte in tre gruppi come le colonne dell’architettura greca: trovi la sciapa ionica, quando la semplicità dal capo ai piedi sfiora la sciatteria; l’eccessiva corinzia, dove i fronzoli e le decorazioni superano la base diventando protagonisti indiscussi di tutta l’opera ed infine l’equilibrata dorica, una base semplice con una raffinata decorazione finale
Aridaje con ‘sti cani…
A voi che combattete ostinatamente l’abbandono dei cani come se fosse l’unico problema al mondo vorrei dire questo: dormite pure sonni tranquilli…tra un po’ con sta crisi i cani non li abbandonano più, se li mangiano….
Un buffet è più letale dell’Ebola
È evidente che un buffet risvegli nell’uomo l’istinto primordiale di lotta per la sopravvivenza: qualcuno sta privandoti del tuo cibo e tu farai di tutto per arrivare prima e prenderne il più possibile. Che tu sia notaio o carpentiere non farà alcuna differenza: salterai dove possibile gli avversari, mangerai di fretta per poter riempire nuovamente il piatto e guarderai male chiunque oserà appropriarsi dell’ultimo pezzo di dolce. E quando rispunta la cameriera con un nuovo vassoio, in sala cala il silenzio e tutti gli occhi sono puntati su di lei. Occhi sbarrati ed espressione delusa: quello però io non l’ho preso, non è giusto, devo correre là subito prima che finisca! Addirittura, c’é gente che maneggia due piatti alla volta e si specializza nella piramide di cibo: sotto quelli più solidi e sopra i molli…praticamente un misto di lasagne, salumi e riso freddo e sopra accanto all’arrosto, un assortimento di bignè alla panna.
Per i più ansiogeni poi scatta la paura di mancanza di cibo e si piazzano fuori dalla sala già alle 11 di mattina, felici come bambini di potersi strafogare anche senza fame.
I più scaltri inoltre, sempre per il terrore di non essersi nutriti a sufficienza, arrivano con borse capienti nascondendo all’interno panini fatti in fretta e furia, krapfen schiacciati e frutta con buccia; mettono al riparo il cibo dai predatori e lo consumano poi in solitudine nel loro nascondiglio. Un po’ come fanno i cani quando sotterrano un osso…..
Niente come un buffet svela all’umanità che il nostro percorso evolutivo in fondo, girato l’angolo, non si discosta poi molto da quelli a cui lanciamo le noccioline; certo, noi ci vestiamo meglio.
Come capire che il tuo uomo non ti ama più
Come fai a capire che tuo marito non ti degna più di uno sguardo? Semplice, giri con mezza tetta di fuori per tutto il lungomare di Riccione senza che nessuno te lo faccia notare…
Niccolò e i suoi pestiferi fratellini
Niccolò, cinque anni, si alza in piedi sul lettino ed urla a pieni a polmoni. Sapete quell’urlo liberatorio, quello che arriva alla fine di un periodo di enorme sopportazione, quello che proprio ti scoppia dentro e tu non riesci più a domare. È il bambino più grande, il primogenito, ha due fratellini gemelli che possono avere al massimo due anni. La nonna lo ha appena sgridato perché non ha dato ad uno dei due un grissino. Ma si capisce benissimo che il problema non è affatto quel pezzo di pane duro. Ecco in sintesi il suo discorso, ovviamente col lessico di un bimbo, ma vi assicuro, molto chiaro.
“Adesso basta, io non ci sto, stavolta no. Non è giusto che loro l’abbiano sempre vinta solo perché sono piccoli, anche io sono piccolo se gioco con Andrea e sono più piccolo anche di te. Non è colpa mia se mamma e papà hanno deciso di avere pure questi due, non me l’hanno chiesto e non è un mio problema se sono arrivati dopo. Io ho il diritto di mangiarmi tutto il pacchetto e loro di starsene zitti aspettando di avere cinque anni e di meritarsi di mangiarselo tutto. Io non li volevo e non devo sopportarmeli. Loro (mamma e papà) dovevano capire che ne potevano capitare due e fermarsi. E poi, nonna, se ne arrivasse un altro, sei proprio sicura che questi due gli darebbe un grissino? Secondo me no, guarda che a me non danno mai niente, questi sono così ora e lo saranno per sempre perché tu non gli spieghi mai cosa possono e non possono fare dandogliele sempre tutte vinte. La colpa sarà vostra se ne arriva un altro e lo farete piangere, pensaci la prossima volta che vorrai sgridare me anziché quei due! “
E mentre assisto a bocca aperta a questa immensa testimonianza di sfogo liberatorio, penso a quanta gente vorrebbe alzarsi in piedi sul lettino e gridare che cazzo hai portato a fare tua madre con noi, no sul lungomare a passeggiare pure oggi non ci vengo, cazzi tuoi se ti sei strafogata come un maiale e sì, porto il telefono in spiaggia e non è vero che devo lavorare, ma piuttosto che parlare con te, preferisco mandare messaggi ai miei amici, almeno mi faccio due risate e non penso a quanto sei noioso tu ed il tuo eritema, tu ed il tuo mal di schiena, l’ allergia e poi la sabbia sull’asciugamano, la doccia non è calda e l’acqua è troppo fredda o il mare troppo mosso.
Comunque Niccolò si è riseduto e ha finito di mangiarsi fiero tutti i grissini, i due gemelli hanno pianto e lui se ne è beatamente fregato. Bravo, niente da dire, cresci così che di tempo per sacrificarti per degli stronzi ne avrai fin troppo da grande.
Piove, senti come piove, madonna quanto piove!!
Ok, facciamolo diverso.
Potrei semplicemente scrivere che mi sono triturata i maroni di questa pioggia, ma credo sarebbe il milionesimo stato con questo andazzo.
Primo: sfatiamo il mito del fatto che sembri novembre: no cari miei, nemmeno a novembre avremmo mai avuto dieci cm di acqua fuori dalla porta, quindi basta con questo paragone e nemmeno con gli altri 11 mesi, qui si parla di nubifragio, del diluvio universale che persino la foresta Amazzonica se lo sogna.
Qui si fa concorrenza ad Atlantide: tra mille anni un sub amatoriale facendo snorkelling noterà un ombrello spuntare da un fondale, chiamerà rinforzi e scavando tra i detriti, porterà alla luce la pianura bergamasca.
Tra i vari fossili troverà me con la mano sul collo ed i capelli crespi.
Odiavo ai tempi della scuola i viaggi studio in Inghilterra a luglio/agosto , giravo col bomber per Londra come un San Bernardo inzuppato, faceva un freddo boia e quando chiamavo a casa, erano fuori a mangiarsi un gelato in canottiera. Dopo 20 anni volete dirmi che è la mia penitenza perché dicevo if I am al posto di if I was?
Se passa un’altra volta la pubblicità del Polase in cui si incita il reintegro dei sali minerali persi, gli butto una bomba, l’unica cosa che ho perso quest’estate è la piega.
Io me li ricordo i temporali estivi, mica sono questi: due trombate, uno scroscio e dieci minuti dopo, tutto era finito…qui se inizia devi chiuderti in casa a doppia mandata perché con le botte che dà, ti suona pure il citofono.
Beeeep!
Chi è???
Apri sono il diluvio!
Ma come il diluvio? Ancora? Ma se hai finito 5 minuti fa?
Mi sembra che non ti sia bagnata ancora abbastanza..
Come no? Mi strizzo la colonna vertebrale a momenti….
Prendila positivo, non bagni il giardino!
Eh no che non lo bagno, ci ho le primule coi braccioli e le formiche che hanno aperto uno chalet!
E come la mettiamo con tutti i soldi che risparmi non usando l’aria condizionata?
Sì ma sto spendendo milioni in Voltaren e massaggi, tra poco la cervicale si stacca e va a prenotarsi un volo ai Caraibi da sola…
Esagerata, per un po’ di acqua, su su un altro po’, dai apri!
Un po’ di acqua???
Ero in macchina ieri sera e non capivo se dovevo mettere la terza o lanciare l’àncora….un povero Cristo a piedi ad un certo punto ha lanciato via l’ombrello, si è buttato a pancia in giù ed ha iniziato a nuotare a farfalla, si è fatto tutto il Sentierone in 1.2.00″ che quando la moglie gli ha aperto la porta, ci ha picchiato su i piedi, si è girato ed è ripartito!
E per fortuna, il Tg ha detto che settimana prossima inizia l’estate…giusto in tempo per tornare al lavoro e guidare sotto il sole cocente tutto il giorno….mi pare giusto….