C’era una volta

Ogni favola che si rispetti inizia sempre così ma forse anche qualche libro horror può permettersi un inizio da favola.

Chissà se tutti gli scrittori agli inizi di un libro siano già certi di conoscere il finale di ciò che stanno scrivendo, magari molti quanto me, riaprono il block notes virtuale e facendo spallucce, si dicono “ma sì, riallacciamo il rapporto coi lettori e buttiamo giù quattro parole”.

Questo blog nacque come raccoglitore virtuale dei miei lunghissimi post in Facebook, ancora oggi mi domando cosa avessi in testa quando decisi di affrontare di petto quella piattaforma e sottrarmi dai link fasulli e dalle foto ritoccate.

No, io volevo crakkare il sistema e scrivere, scrivere e ancora scrivere.

Credo che si possano contare sulle dita di una mano quelli che arrivavano alla fine di ogni post.

Ricordo con affetto quelli che arrivati a metà, comunque mettevano un like, per stima e per dimostrazione di ammirazione.

Ora che mi tocca scrivere munita di occhiali e ingrandire il font, riapro questo blog e mi dico ‘che faccio? Lo chiudo?’.

È brutto ammetterlo ma molte cose non posso più permettermele.

Più di tutto, invecchiando, mi urta non poter più scavalcare cancelli, passino gli occhiali da vista ma io quei cancelli, intendo fisicamente, potrei benissimo scavalcarli ancora, ma socialmente no, non è più il caso.

Sono una donna di mezza età col cappottino sciancrato a mezza gamba per sfilare i polpacci importanti, il tacchetto strategico anti sciatica e la borsa coi manici intrecciati.

Voi ce la vedreste vostra madre appollaiata sul palo dei citofoni intenta a non impigliarsi la fodera negli spuntoni? Dai su, siamo seri, rimaniamo coi piedi per terra.

Quindi ora, mesta e contenuta, mi tocca aspettare che qualcuno arrivi e mi apra il cancellone ma credetemi, dentro di me, la vivo come una sconfitta mostruosa, un’ingiustizia pari solo al quando assisto regalare una cucina rosa ad una bambina di due anni.

Ecco l’ho rifatto, ciò che non posso più permettermi, mi perseguita.

Come per i cancelli scavalcati anche per la scrittura satirica, avrei ancora il fisico ma la donna di mezza età prevarica.

Quella appesantita agghindata da gioielli colorati e rumorosi, col taglio di capelli comodo e qualche riflesso che dia luce sul viso stanco, quella

da cui non ti aspetti altro se non consigli materni e vita regolare.

Basica, ordinaria, mai fuori luogo, gattini, micetti abbandonati, investiti, persi e ritrovati, da adottare, pucciosi e ammaccati.

La paladina del bon ton che lavora e dispensa consigli a tutti dall’alto della sua sicurezza ottenuta.

Lei ormai sa chi è e che posto nel mondo ricopre.

Ma cosa vuole? Niente, tremendamente niente, lei si dice realizzata.

Vive per i figli, lavora il giusto, sopporta il marito, si sceglie un hobby comodo, pratica la ginnastica dolce e ama sporadiche uscite serali, la festa della donna o la cena di classe, ci dev’essere un evento per uscire dagli schemi.

Ma come cazzo può essere che ad una bambina di 2 anni regalate una cucina e tutti attorno all’albero vi emozionate perché sa già fare la spesa?

Ma saranno mica queste le emozioni che sperate che quella bambina avrà?

Brava amore, hai scelto le zucchine! Corri a casa a fare una buona torta salata!

Ma vaffanculo, al carrello della spesa e a questi imprinting da casalinga disperata già in fasce, ai mie anni così ingombranti e ai cancelli rimasti chiusi per troppo tempo.

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