E il piazzale era avvolto da un silenzio rispettoso, il nostro, di noi in piedi fuori dalla chiesa gremita di gente che aveva avuto il tempo e la scaltrezza di arrivarci prima.
Eppure anche noi lì rimanevamo immobili, con la testa bassa e il fiato corto, sparsi come ciotoli tra i gradini e le piante intorno.
Cosa cambia tra l’assistere alla funzione accanto al prete o percepire solo una flebile eco delle sue parole?
Il rispetto e il dolore lo mostravamo comunque, anche a due passi da una gelateria affollata.
D’un tratto arrivarono dei ragazzini, le loro risate e le loro corse violentarono i nostri silenzi.
Attraversarono il piazzale nella nostra più totale incredulità, spingendosi e rincorrendosi come in una banale giornata qualunque, non mostrando il minimo interesse per ciò che stava accadendo, forse senza neppure accorgersi di noi, dei nostri cappotti neri e di ciò che stava accadendo a pochi passi da loro.
Tutti i presenti cominciarono a scambiarsi occhiate di rabbia, sguardi di disapprovazione carichi di disprezzo per quella sfacciata irruzione.
“Che qualcuno li faccia stare zitti ” sussurrò una accanto a me.
“Ah se fossi io il genitore, che lezione gli darei appena tornati a casa” replicò un’anziana poco distante.
Io invece rimasi fissa a guardarli, gli occhi pieni di lacrime, con l’angolo dell’occhio destro riuscivo ancora a scorgere il portone della chiesa e con esso, il lungo corridoio vuoto con una bara di legno chiaro in fondo, mentre con la vista centrale rimiravo la loro gioia, la più totale mancanza di rispetto a cui avevo mai assistito nei confronti della morte.
Però che belli che erano nella loro vitalità, così irriverenti e vivaci, così stonati in quei pochi metri che ci dividevano dal portone e dalla parole solenni di un’omelia.
Se da una parte qualcuno mi spiegava a parole che la morte non era la fine, loro mi insegnavano coi fatti a non temerla, a sfidarla.
E in mezzo a noi tutti la sottile linea che divide una vita da una non più vita: un corridoio vuoto ed una bara chiara.
Ma in fondo il rispetto non è solo una paura non dichiarata?
E come si può avere paura della morte a quella età, come si può chiedere di rispettare qualcosa che non si riesce s capire poiché si avverte come una cosa lontana anni luce da loro?
Forse non c’è da capire nulla, c’è solo da vivere ancora di più.
Decisi di chiudere gli occhi e respirare profondamente, uno di quei respiri che fai per caricarti di energia positiva, quando i polmoni ti si dilatano talmente tanto da farti quasi male ma tu continui a spingerli con forza perché sai che poi starai meglio.
La morte forse non ha bisogno del nostro rispetto, ha bisogno di vita che le respiri addosso, di anima che le salti e le danzi attorno, di voci che le urlino contro.
Al termine della funzione, il piazzale si svuotò velocemente di tutte quelle figure nere e tristi che lo avevano riempito e ritornò ad essere ancora una volta colorato e rumoroso, come in una banale giornata di fine inverno qualunque, quando le giornate si allungano, quando tutto parrà più luminoso e vivo.
Autore: Ella76
La nostra vita, il nostro girovita.
Una si sveglia e si trova nella inbox questa email: liposuzione, oggi anche tu puoi finalmente liberarti del peso in eccesso, sconti fino al 50%.
Siamo diventati corpi da macello, ti infilano un ago e si portano via tutto il tuo passato.
Il gelato di cui ti sei riempita fino a scoppiare per sentire meno il dolore di un addio.
La pasta col sugo a lenta cottura che tua madre ti ha amorevolmente cucinato per prendersi cura di te.
La brioche ripiena con cui ti sporcavi fino alle guance la mattina al bar coi colleghi.
Le pizze che ti sei mangiata con le amiche nelle sere in cui avevi bisogno di qualche sorriso in più.
Le torte profumate di limone che tua nonna ti dava sempre da portare a casa.
Le pastine al semolino per tuo figlio, assaggiate e riassaggiate 100 volte.
La rucola incastrata nell’incisivo di cui ti sei vergognata a morte ma che poi ti ha fatto ridere per anni.
Le cene a lume di candela, per cui hai passato ore a prepararti arrivandoci col cuore in gola e l’emozione nelle mani.
Le caramelle sgranocchiate mentre camminavi con le cuffie in testa sforzandoti di dimenticare, di non pensare.
I cocktails nei bicchieri alzati colmi di speranza ad ogni un nuovo inizio.
I popcorn e le bibite rovesciate nei cinema d’inverno.
La focaccia ancora calda che ti hanno portato fuori dall’ufficio.
La scatola di cioccolatini lasciata furtivamente fuori dalla tua porta con un biglietto “perdonami”.
Il tuo piatto preferito cucinato sempre, fino a fartelo odiare.
Ma davvero saremmo più belle senza tutto questo “peso” addosso?
Comunque andare…
Questa è la storia di Lucia, un nome inventato perché non voglio assolutamente che la protagonista sia facilmente riconoscibile.
Ma sono certa che Lucia, già dalle prime righe, capirà che è proprio di lei che sto parlando.
Premessa: lo faccio con un unico scopo, quello di dirle quanto io sia felice ed orgogliosa per lei.
Difficilmente io mi ritrovo ad essere complice di una donna così, tra un po’ capirete anche il perché.
Lucia entra nella mia vita per il fidanzato che da adesso in poi, chiamerò Gustavo (strano nome che mi è venuto è? Non così frequente e che ha anche in sé un verbo imperfetto).
Quei collegamenti che ti si creano quando qualcuno vicino a te, vuole che anche la sua vita privata goda dei suoi stessi piaceri o successi.
Quindi, Lucia per me è quella che in Linkedin verrebbe denominata contatto di secondo livello.
E ciò accade perché il fidanzato è davvero innamorato di lei, ne parla continuamente, la elogia, ne è fiero davvero.
Qualsiasi cosa che Lucia faccia, pur banale che sia, lui alza il telefono e la riempie di complimenti.
“Sai lei ama sentire che io le sia vicino anche in queste piccole cose”.
Io e Gustavo in effetti gestivamo progetti un po’ più grandi ma questa sua attenzione verso di lei mi trasmetteva tutta la voglia di rendere felice quella ragazza, carina e per niente vistosa.
Ammetto che all’inizio capivo poco questo suo apparire sempre acqua e sapone, mi dava l’idea di una donna poco attenta alla sua persona, coglievo a volte della scialberia nel suo abbinare codino arruffato a sciarpona tracotante giallo canarino.
Ma non dissi mai nulla a Gustavo, restavo ad ascoltarlo mentre parlava di lei come se fosse la più bella delle principesse.
Dopo pochi anni arrivò il loro matrimonio, Gustavo sfoggiava con estremo orgoglio l’anello nuziale e gli anni passavano con Lucia sempre a fior di labbra.
Poi qualcosa si ruppe.
Gli argomenti cambiarono e di Lucia rimasero solo brevi accenni a questioni di routine, come il mutuo da rispettare a fine mese e le incombenze da svolgere, quale spesa grossa di inizio mese e pranzo dai parenti.
Lui iniziò a presentarsi diverso, dimagrito e tonificato.
Lei continuò ad indossare sciarpone e cappellini tricot.
Lui cominciò ad essere assente più spesso, lei pubblicava foto con scritto sotto ” Gustavo mi manchi, torna a casa presto”.
Per varie vicissitudini, perdo i contatti con Gustavo e dopo un paio di mesi, mi richiama.
Galvanizzato, energico e rideva per nulla.
“Ahia, gli dico”.
Pareva aspettare da me solo quello.
Eccola, lei.
Lei che lo rende felice, lei che lo riempie di attenzioni, lei che lo fa sentire giovane e desiderato, lei che è sposata come lui.
Gli dico, testuali parole, “stai facendo un’enorme cazzata”.
Ma lui non sente ragioni, che vuoi che ne sappia io del vero amore, di quello che ti strappi i vestiti ancora in macchina.
Forse ha ragione lui, ma io so di quell’altro amore, quello coltivato anno per anno, quello che ti fa parlare di una vestita sgualcita come della più bella delle principesse.
Vuole dire tutto a Lucia, così farà l’altra lei col marito.
La mia mancata approvazione mi fa escludere dai momenti felici di Gustavo.
Chi vive queste follie, non ama qualcuno che lo riporti coi piedi per terra.
Da questo punto della storia in poi, posso solo osservare i loro Facebook.
Vedo lui togliere le foto di lei e sostituirle con le sue da solo.
Vedo lei continuare a scrivere mi manchi sotto ad ogni sua foto.
Capisco che lei non vuole capire, capisco che lui ancora non si senta di sfasciare tutto.
Poi la catastrofe.
Lei che mette foto buie, tristi, frasi che toccano il cuore come si fa quando hai in te un forte dolore che ti mangia lo stomaco.
E dopo poco, un nuovo inizio.
Posso solo presumere, poco interessa se lei ha scoperto o lui ammesso, che lei abbia perdonato.
O meglio, che lei voglia comunque lottare, dare un senso a quel passato così ingombrante per essere buttato via al primo inciampo.
Posso giudicare, lo faccio spesso.
Ma con Lucia no, son certa che lei abbia davvero speso le sue ultime energie nel dimenticare il dolore e nel continuare ad amarlo.
Lui dopo poco però, pare riaffezionarsi all’apparire solo, a non mostrare Lucia come qualcuno di importante nella sua vita.
Ma lei imperterrita, continua a tenerlo dentro, a mostrarlo al mondo, a caricare le foto delle loro vacanze, dei loro momenti felici.
Quasi volesse convincere più se stessa che gli altri e anche se lui evita di metterle o commentarle, quelle foto potranno dire il contrario.
Fino a oggi.
Oggi Lucia ha caricato una foto davvero bella, la più bella che abbia mai visto.
Lei sola coi capelli legati velocemente, l’aria sbarazzina ed un sorriso scoppiato all’improvviso.
Lei sola, mai fatto.
Lei sorridente davvero, non per obbligo.
Lei con le braccia a penzoloni da una ringhiera come a dire “va beh, ho perso ma ora basta”.
E poi scoppia a ridere.
Ci sono voluti anni, ma ha vinto perdendo.
Avevo ragione io tanti anni fa: una così Gustavo non la troverai mai più.
E aveva ragione lui: Lucia è davvero bella.
San Valentino
Prima che finisca questa giornata slacciugosa, vorrei dire la mia.
Come ben sapete io non amo San Valentino, i matrimoni, i mucci mucci vari lanciati nell’etere e cose così.
Ma devo dirvi la verità: mi ritrovo più con chi oggi ha regalato fiori e frasi tenere piuttosto che con quelli pronti a buttare tutto in vacca come al solito.
“festeggia, festeggia che domani l’amante ti aspetta”, questo un po’ il sunto delle varie frecciatine lanciate da chi, poveretto, altro non può fare che ritrovarsi collegato qui anche oggi.
Ma come ci si può ridurre a questo stato brado e abraso di sentimenti?
Come quelli che per manifestare il loro dissenso al Family day, pubblicavano vignette dando a tutti i padri di famiglia dei pervertiti che vanno a trans.
Io conosco dei singles che vanno a trans come delle coppie che oggi festeggiano e che poi scaricano l’app per mettere la password al proprio WhatsApp.
Accade, vi è questa possibilità, esistono maschere e persone false, esistono persone che vivono nascoste da paratie di perbenismo e poi dietro ne combinano più di Bertoldo.
Come esistono madri di famiglia snaturate, padri insensibili che comunque si pigliano il lavoretto dei figli fatto a scuola.
La satira è una cosa, l’ira è un’altra.
Se nello sberleffo vi è più ira che sat, allora diventa solo lo sfogo di un malessere personale.
E vi assicuro che potrei ancora capire se questa visione negativa arrivasse da una persona sola, ma da chi è in coppia non lo capisco.
Perché tutta questa negatività verso un giorno in cui si vuole esaltare l’amore per il proprio partner?
– Al mio lui non piace San Valentino, non lo festeggiamo.
Bravi.
Guarda caso le cose che non piacciono son sempre quelle che prevederebbero un gesto carino nei tuoi confronti.
– Ha l’abbonamento annuale a Sky per vedere tutte le partite ma si dice totalmente contrario a regalarti 20 euro marci di fiori?
Mica deve cambiare religione e circoncidersi il pene eh?
Che dici, beh capisco che uno non se la senta…
O entrare nei Testimoni di Geova e girare il sabato mattina suonando campanelli…
O aderire al progetto per la ripopolazione della marmotta nana e inseminare le femmine con una siringa monouso…
È UN CACCHIO DI GIORNO IN CUI SI DICE AUGURI E GRAZIE DI ESSERCI, un giorno in cui si esce a mangiare qualcosa o si fa un presente giusto per dire “che bello che ci amiamo”.
– Ma lui non è da ‘ste cose…
– E al tuo lui per caso, non piace nemmeno portarti fuori a cena anche nel resto dell’anno, comprarti dei fiori, mandarti il buongiorno la mattina, venirti a prendere al lavoro se piove, farti una sopresa o un regalo inaspettato e tutte quelle cose che magari a te piacerebbe ricevere almeno una volta?
Allora forse il problema non è se sia da sfigati o meno festeggiare oggi ma se sia opportuno vivere una storia rasentando il minimo sindacale tutto il resto dell’anno.
È scientificamente provato: “gli sfigati” che oggi festeggiano con un’uscita a cena o un mazzo di fiori, vogliono festeggiare col partner e non con l’ipotetico amante; già questo segna un punto a favore del coniuge e rilega per un altro anno l’infiltrato ai posti in piccionaia.
Incassa e porta a casa.
Che poi lui o lei o entrambi facciano parte del gruppo tradisco sì o tradisco no, non è dato sapersi.
Ma non pensate minimamente che chi si sottrae oggi ai festeggiamenti sia per forza puro di spirito.
Faccio come voi: pure gli stronzi, anafettivi, con poco slancio economico e creativo tradiscono eh.
E vanno pure a trans di pomeriggio, così li prendiamo dentro tutti.
Auguri a tutti quelli che oggi sono felicemente insieme, nonostante amanti, trans, gufi porta iella, rosicone senza piante morte sul tavolo ma lavatrici piene di calzini filo di Scozia, portatori sani di negatività e pronti a sputare nel piatto in cui mangerebbero più che volentieri potendolo fare.
Uomini a ph neutro
Ma quando andate sotto la doccia calda e davanti a tutti, allargate quel costumino ravanandoci dentro come se non ci fosse un domani, cosa esattamente avete paura che ci sia finito dentro?
Ma dovete per forza farvi un bidet davanti a tutti?
Avete fatto una nuotata o siete andati a prostitute?
E quando dietro di voi si forma una fila infinita composta per lo più da signore anziane, bambini infreddoliti e mutilati di guerra, vi verrà un po’ di rimorso per farvi desistere e lasciare l’igiene intima ad altri momenti?
E dopo che vi siete sciacquati ben bene tutto l’organo genitale, tornate al vostro ombrellone camminando sulla passerella e piuttosto di mettere i piedi nella sabbia, prendete a gomitate sui denti chiunque vi si pari davanti compresi neonati, donne incinta e ciechi con cane guida, facendo attenzione a non sfiorare un granello di sabbia nemmeno col pollicione.
Ma perché l’anno prossimo non andate a Canazei?
Non vi sopporto, sappiatelo.
Uomini #generazioneTantumRosa
Quel gran pezzo dell’Ubalda…
Visto che da un po’ gira il video sulla foto profilo più istrionica di Facebook,
io ho deciso di stilare una mia “brevissima” Top Ten degli utenti più “maccheronici” che ho tra i miei contatti.
Ps: ricerca rivolta a candidati di ambosessi (L. 125/91)
IL POETA
Per lui l’invenzione di Facebook ha aperto un mondo: rima baciata, alternata e frustata. Nulla ha più senso nella sua vita se non la mette in prosa. Cerca di dare un senso poetico a tutto quello che lo circonda e lo riguarda. Da normalissimo essere umano a un concentrato di decasillabi.
Cade una foglia? “L’estate si arrende all’incessante passo di un autunno pronto a vanificare gli sforzi di una non più rigogliosa chioma e strappa senza pietà il suo frutto dal ceppo divenuto secco.”……
Attende mesto che qualcuno si accorga di tanto potenziale e lo scritturi per il prossimo spleen festival.
IL FILOSOFO
Lui non scrive, cita. Da Socrate a Camillo Benso di Cavour passando per le forche caudine e il ratto delle Sabine.
Citazioni.com non ha più segreti per lui, le ha messe tutte, perfino “vuoi scoprire come perdere peso ora?” presa dal banner pubblicitario in alto a destra della pagina.
Lui non è come noi, lui conosce la verità ma soprattutto, chi l’ha detta.
Chiamato volgarmente “l’uomo CIT.” Azione magari dopo, se gli rimane tempo.
LO SPORTIVO
Ha iniziato il 3 settembre la palestra ed è già uno psicotico compulsivo. Via a correre e via a cronometri, percorsi, minuti, pulsazioni, poi torna a casa, inforca la bici e via a sentieri, salite, cambi shimano e poi, non contento, si butta da una montagna, fa rafting, si arrampica su pareti rocciose a mani nude, scava nel giardino di casa, trova la pietra filosofale, la getta in mare e poi si tuffa a ricercarla.
Per non parlare delle foto, ce ne fosse una in cui è vestito.
E tutto questo, pubblicato in tempo reale cosicché tu che stai spaparanzata sul divano con un pacco da 700 gr di tortillas unte ti domandi ” ma taggato in qualche Motel mai?”
IL POLITICO
Credo sia la categoria peggiore.
Quello che ha preso Facebook come missione di vita.
Quello che mannaggia la pupazza, se non cambiate tutti idea, io non la smetto manco morto.
Da Amilcare Fanfani in poi tutti incompetenti, buffoni, ladri, imbroglioni, ricchioni e pure un po’ petomani.
Lui non è la massa, lui non si limita a votare, lui vuole imbonire folle, fare comizi, mettersi spillette e rivoluzionare tutto il sistema. E’ ora di dire basta, è ora di aprire gli occhi, facciamo bordello, scendiamo in piazza, mettiamo a ferro e fuoco le città.
E poi te lo ritrovi la domenica con la moglie all’Ikea a spingere il carrello.
IL PORCONE
Questo qui non ha ancora ben capito come funzioni Facebook, a lui hanno detto “iscriviti a Facebook dai” e lui pensava di trovare figa, punto.
Che volete che gliene freghi di parlare con qualcuno o di scrivere qualcosa.
Lui entra e clicca su tutti i culi che gli si palesano davanti. Fa niente se poi la moglie o la zia anziana ricevono video pornografici alle due di notte, lui clicca speranzoso che si apra un video gigante dove ci siano bocce enormi, posteriori sodi, organi in primo piano e dialoghi sconci possibilmente in italiano.
Dopo aver cliccato su tutto e essersi reso conto che non funziona proprio così, inizia a mandare messaggi privati sperando che qualcuna accolga il suo appello. “Ciao, ti va sesso in cam?” “Ciao, mi fai vedere le tette?”. “Hai skype?” “Lo vuoi vedere il mio coso?”
E poi, l’epopea del porcone inabile a Facebook: quando pensa di scriverti in privato invece lo mette sulla sua bacheca…con la moglie sotto che commenta…Scusa???
LO STAKANOVISTA
Facebook non è altro che un branch del suo lavoro.
Parla solo della sua attività, della sua azienda, di timetable, brainstorming, cash flow, report, analisi, quote di mercato, area peso. Fa niente se non frega una fava a nessuno, lui imperterrito ti comunica tutto quello che dovresti sapere del suo mercato.
Al sessantesimo post senza interazioni, decide di invitarti a mettere mi piace alla sua pagina e s’incazza pure se non lo fai.
Perché Facebook dovrebbe essere istruttivo, formativo, didattico e tu sei un caprone che di alta finanza o di trend economici attuali non ne capisce una sega.
Quindi o metti mi piace o ti cancella.
Perché lui non ha tempo da perdere è il tempo è denaro mentre tutti voi siete delle capre stolte che usano Facebook per divertirsi.
Amen.
IL PIACIONE versione maschile
Scrive solo quello che sa perfettamente che piacerà alle donne.
Cerco una donna intelligente, cerco un vero legame, il rispetto per la propria donna, l’amore prima di tutto. Contorna poi il tutto con roselline, fiorellini, micetti e coniglietti. Non manca ad un compleanno, un onomastico o una cresima, sempre pronto e reattivo a darti tutta l’attenzione che ovviamente meriti.
Ti localizzi in montagna? Ti scrive “copriti bene”.
Carichi una foto al mare? Ti commenta “mettiti la crema solare altrimenti ti scotti”.
Il suo fine ultimo è il tuo benessere e la tua sicurezza, il suo vero scopo è portarti a letto attuando la peggiore tecnica molesta e pacchiana.
Più che un uomo attraente, pare di avere in Facebook tua madre, più che l’idea dell’uomo giusto, pare incesto.
LA PIACIONA versione femminile
Quel gran pezzo dell’Ubalda… si diceva una volta.
Bella, aggraziata, sempre in prima linea, sempre sul pezzo.
Vestita alla moda, sfumata al punto giusto, ammiccante, provocante.
Capelli perfetti, unghie graffianti, gambe affusolate, trucco da cerimonia, sguardo ammaliante e fisico scolpito.
Migliaia di followers sparsi in tutti i social e lei in cima all’Olimpo o alle scale come Wanda Osiris, pronta a camminare su petali di rosa intrisi di saliva di quattro poveretti che al massimo sono riusciti ad uscire con la sorella brutta del loro migliore amico.
Il suo scopo è dare in pasto alla povera gente un brandello della sua bellezza, non può deluderli e non li deluderà.
Sei bellissima! E lei “ma no dai non è vero…”
Sei stupenda!! E lei sempre “ma no dai che esagerato”.
E tu mentre scorri le sue immagini col mollettone in testa e la panzetta che ti esce da sotto la maglietta, ti guardi e ti senti come Zia Yetta di Tata Francesca.
Ma poi ti fai due domande.
Lei bella certo, ma sola, sempre.
Lei in bagno, lei in strada, lei in casa. Sempre sola.
Che tu ad un certo punto, all’ennesima foto patinata da poster di Playboy, ti chiedi pure: ma se sei così perfetta, perché non c’è nessuno che ti si piglia?
E perché nessuna agenzia di modelle ti ha mai chiamato se sei così figa?
E poi capisci tante cose incontrandola per caso, quando manco sua madre la saluterebbe.
IL SENTIMENTALE (double face)
Ci esci una sera e il giorno dopo, ti fa mi piace su tutte le foto, anche quelle del 2009 al battesimo del figlio di tua cugina.
Commenta tutto quello che scrivi e monitora ogni contatto maschile che ti ronza intorno.
Alla seconda uscita, estrae il cellulare e ti dice “non è il caso che regolarizziamo la nostra posizione?” con già la schermata aperta su “modifica situazione sentimentale”.
La parola d’ordine è “il mondo deve sapere di noi” ma soprattutto quei 3.472.649,151 uomini rimanenti.
E’ la versione virtuale di quello che vuol presentarti i suoi quando tu ancora non sai come si chiama di cognome.
E se magari tu tentenni un po’, giusto perché non sei ancora sicura di andare sul balcone di San Pietro e enunciare il prossimo Angelus della domenica o perché, più semplicemente, ritieni che i cazzi tuoi debbano rimanere tali, lui si offende e cancella i post in cui ti ha taggato, le frasette che ti ha dedicato e i commenti carini alle tue foto.
Per lui esiste o l’amore taggato o la promiscuità, una vita di mezzo non la contempla. Ah beh no, non ti cancella dagli amici, altrimenti come potresti vedere i cuoricini rimessi e le frasettine carine dette 3 gg dopo ad un’ altra?
LA COPPIA LITIGIOSA
Per il web, cambiano situazione sentimentale 3 volte al mese compresa la vedovanza.
Prima fidanzati poi single, poi impegnati poi single, stringono amicizia, poi si cancellano, poi si rimettono amici e poi si bloccano.
Foto insieme, foto cancellate, post con frecciatine, insulti, complimenti, poi di nuovo insulti.
Lei, lui e noi. Noi e lei e poi noi e lui.
Lei lo odia e poi lo ama.
Lei non lo merita e poi unica.
Lui è felice, no non è vero.
Lei è una zoccola, no una santa.
Lui non la capisce, lui è il migliore.
Anni ed anni di continui battibecchi pubblici in cui non si è ancora capito bene quale sia il fine ultimo di queste rappresaglie e tu, ovviamente, te ne stai zitta zitta e omertosa, perché l’errore più grande sarebbe chiedere, indagare, commentare o solamente cercare di capire il perché gente adulta sia rimasta mentalmente ferma alla Posta di Cioè.
E quando un poveretto, novello amico, all’oscuro di questa perenne faida familiare e convinto della serietà della discussione, si schiera a favore di uno e dell’altro, all’ennesima riappacificazione, viene tristemente cancellato da entrambi.
Chi ho lasciato fuori di voi?
The chance….
Perché in fondo, poco conta il perché.
Contano i personaggi di queste storie, le loro vite precedenti e le loro emozioni durante.
Quelle per esempio di Patrick, dei suoi ultimi momenti in cui lì impietrito ed angosciato con un’ascia in mano, tenta disperatamente di abbattere ciò che lui sa essere imbattibile.
Lui che ha già capito subito che non si salverà mai e non demorde, tenta il tutto per tutto, per se stesso, per le sue colleghe e perché no per quelle centinaia di persone che ha solo intravisto salire a bordo, di cui non conosce i nomi ma sa che ci sono in mezzo tanti giovani, ha sentito le loro risate e forse, al decollo, avrà sperato che non facessero troppo baccano, non proprio oggi che ha il mal di testa.
Ed ora, con un piede verso la cabina ed uno verso il corridoio, sente arrivargli il pianto di un bambino e ha un tuffo al cuore….”Cielo ci sono anche bambini qui, come puoi fare una cosa simile Andrea! ”
E ricomincia a picchiare più forte, senza parlare, è inutile parlare, Andrea non si fermerà mai, quello ci porta tutti giù, non serve a nulla parlare, bisogna solo sfondare e picchia, picchia forte.
Le hostess atterrite dietro di lui che guardano i colpi rimbalzare contro la porta blindata, con le mani giunte a mò di preghiera, pronte ad intervenire in suo aiuto al primo monito di accesso.
Intanto a pochi metri, seduti ai loro posti, i passeggeri sorridono, dormono, chiacchierano ad alta voce tra di loro, dei loro progetti futuri o dei loro viaggi trascorsi.
Ci sono mille viaggi diversi accomunati da posti vicini.
Managers pronti a sciolinare la loro presentazione e poi tornare dalle rispettive famiglie.
Figli uniti alle madri nel momento della nascita ed in quello della morte.
Sposini freschi che sperano di arrivare presto a casa per passare dall’arredatore e digliene quattro visto che ormai sono sei mesi che gli promette di consegnargli quella libreria su misura.
La classe scolastica dei fortunati: quelli estratti a sorte, quelli che tutta la scuola hanno invidiato perché il destino ha deciso che loro sarebbero andati in Spagna a divertirsi e che domani racconteranno tutto alle loro madri e agli altri professori felici di essere stati premiati e di aver vissuto un’esperienza unica.
E c’è chi come me non sente nulla di tutto ciò che lo circonda, ha infilato le cuffiette appena a bordo, fottendosene altamente delle istruzioni in caso di ammaraggio, di depressurizzazione e di tutto ciò che ci va dietro.
La hostess sorridente che si infila un tubicino in bocca e gonfia con classe il giubbetto mi ha sempre dato l’idea di ipocrita.
Come se ti volesse convincere del fatto che basti gonfiare un sottile indumento per salvarti la vita.
Nessuno ti salva la vita se la vita ha già deciso per te.
Chissà se in fondo, anche chi quel giorno ha mostrato il mio stesso atteggiamento di sfida, si sia un po’ pentito realizzando ciò che stava per accadere.
E poi c’è lui, Andrea. Solo nella vita e solo in quella cabina.
Lui che non parla, respira.
Un respiro calmo, senza affanno che ora tutti tenteranno di decifrare ma da un respiro cosa mai potrai cavare fuori se non che fosse vivo e che a lui quell’essere vivo, non piaceva più.
Ha chiuso il mondo alle sue spalle, ha sbloccato il pilota automatico e ha puntato verso il basso. Senza ripensamenti né rimorsi.
Nella sua testa e nel suo cuore solo il vuoto.
E mentre la Lufthansa si affanna a tirar fuori i suoi premi come le sue lodi scaricando in fretta e furia qualsiasi responsabilità e tutte le altre compagnie europee emettono comunicati in cui dichiarano che da oggi nessun pilota potrà mai trovarsi solo in cabina, noi siamo qui ad immaginarci di essere sul prossimo volo con un Andrea, a guardare sporgendoci sul corridoio, quella porta nascosta dietro alla tendina con un po’ di angoscia e di domande a cui potremo rispondere solo arrivando a destinazione.
Mai come ora, sapendo bene che la nostra vita è in mano a dei semplici uomini che potranno decidere se permetterci di continuarla o terminarla
Erano 4 amiche al bar….
Tutti hanno dei problemi, il mio è che mi piace parlare degli altri, perché sono gli altri che amano parlare di sé.
Mi è bastato un semplice aperitivo tra amiche per portarmi a casa i racconti di quattro diverse tipologie di donne.
Sono fortunata, con 4 euro di aperitivo e un po’ di pazienza, potrei scrivere un romanzo e farci soldi a palate.
In sintesi, ho diviso il mio tavolo con:
la bella che non balla perché incontra solo immaturi, egoisti, feticisti, megalomani,egocentrici, casanova, bigami e chi più ne ha più ne metta.
Mentre per ognuno di essi snocciola particolari raccapriccianti, riceve due messaggi carini e premurosi da un collega e sbuffa “il solito rompiballe”.
Non posso darle torto, là fuori è pieno di stronzi, ma non di quel tipo che scopri coll’andare del tempo, è pieno di quelli che io definisco “eclatanti” quelli che si presentano dicendoti letteralmente “ciao mi chiamo X e sono stronzo”.
Perché almeno una volta, quando la caccia era un po’ più difficile, erano costretti a fingersi nonna per potersi pappare Cappuccetto Rosso, ma visti i tempi e visto che Cappuccetto parrebbe da subito più intenzionata ad entrare nel letto col lupo che con la nonna, possono persino permettersi il lusso di agire indisturbati da predatori veri e propri.
Vogliamo mettere l’ipotesi che tu non sia proprio un tipo perspicace? Va bene, ti concedo 48 ore, ma non di più.
Se poi non te ne vuoi accorgere o più probabile, sei schizofrenica e senti vocine che dentro di te ti convincano del contrario, allora è un altro discorso.
D’altro canto, anche questi stronzi hanno il diritto di avere una vita sociale nell’ecosistema umano.
E di solito, in cattività, si accoppiano con quelle che quando ricevono dei messaggi da uno non stronzo, sbuffano e lo chiamano rompipalle. Rendo l’idea?
Quella fidanzata che dice “il mio lui non mi ascolta mai”…e sinceramente se parli solo di borse, trucco, shatush e unghie ricostruite con anulare di colore differente, come dargli torto?
Dovresti fidanzarti con la tua estetista secondo me, avreste molto in comune e di certo argomenti di cui parlare per anni.
La donnina realizzata in casa che vorrebbe a tutti i costi convincerci che la vita posata ha il suo perché e la sua felicità; dopo mezz’ora di racconti non ho ben capito se realmente volesse convincere me o se stessa.
Intuisco che l’essere circondata da donne che non sanno manco l’Abc della torta alla meringa possa destabilizzarti, ma non è che siamo ad un simposio tra uomini dove vince chi ce l’ha più lungo, rilassati e prendi fiato.
Avrai detto “eppure io sono felice così” una sessantina di volte… cosa devo fare, iniziare a piangere e ad abbracciarti forte per farti capire che ti credo?
.
La separata da un anno che ” io mai risposarmi” e subito dopo, inizia a raccontare che ha incontrato uno, così per caso, in una chat, così per caso e che è uscita con lui per un drink, così per caso e dopo si sono rivisti altre tre volte, sempre per caso ma nulla di serio e che questo tizio sarebbe comunque, solo per parlare eh, un ottimo pseudo padre perché lo ha detto anche suo fratello, sempre scherzando, che lei gli ha fatto conoscere per caso passando da casa sua ma è ovvio che non vuole nemmeno pensarci anche perché sarebbe un casino: cioè chi dei due dovrebbe lasciare la propria casa e trasferirsi dall’altro?
Al che, ti domandi se così per caso, sia veramente importante che una donna sostenga di non volersi più sposare quando in verità, non c’è nessuno che glielo richiederà mai.
Infine c’è lei, quella forte e aggressiva, la versione in gonnella dell’uomo che non deve chiedere mai, quella che al cameriere non chiede uno Spritz, lo ordina nel senso letterale del temine perché gli uomini non vanno trattati come pari, vanno presi ed usati, mica ci si deve perdere tempo o lacrime.
La vedi sghignazzare ad ogni racconto che preveda un minimo cedimento della propria dignità svenduta e scuotere la testa per ogni falla femminile che dia terreno fertile ad un miserabile uomo.
Peccato che poi ti accorgi che questa donna tutta d’un pezzo stia passando le due ore di aperitivo con gli occhi incollati al cellulare, illuminando il display con cadenza maniacale, sperando che lui le risponda ad un laconico “Ciao” inviato 10 ore prima.
Cosa ovviamente non accaduta e che comunque, a lei non interessa.
E poi ci sono io, quella che a domanda” E a te come va? risponde solo “Bene grazie” perché quando stai veramente bene, non devi raccontare i cazzi tuoi a nessuno.
Meritarsi davvero un figlio
Che voi siate pro o contro la procreazione assistita, la fecondazione artificiale o l’utero in affitto non importa, quello che è certo è che se si ha un utero attivo e sano, si è liberi di farci quello che più aggrada.
Per esempio, si può decidere di fare figli con qualsiasi uomo ti si pari davanti, anche fregandolo un po’, fa niente se poi lui non lo vorrà mai persino conoscere.
Si può anche sfornare dieci figli con dieci uomini diversi, farli poi crescere con altrettanti compagni, magari che se ne freghino pure.
Si può anche liberamente scegliere di lasciarli in mano al proprio ex quando il week end frequenta una ballerina di night oppure mollarli ai nonni intere estati per passare un bella vacanza in compagnia di amiche a Formentera e impegnarsi nella ricerca di altrettanti pseudo donatori di sperma per altrettanti procreazioni seguite dall’otto rovesciato.
E perché no, scegliere di lasciarli appena nati in qualche orfanotrofio o persino di non vederli neppure in faccia interrompendo la loro vita prima ancora che sia iniziata.
Insomma, l’utero sano ed attivo è una bella fortuna, ti permette di essere madre se vuoi, se non vuoi, esserlo a metà o esserlo malissimo.
Al contrario ahimè, se Madre Natura non ti ha dato in sorte quel marchingegno o te lo ha concesso difettoso, tutti potranno dire la loro: lo Stato, la gente, il parroco, gli assistenti sociali, i pedagoghi, gli studiosi dell’età evolutiva e persino la tua vicina zitella di 85 anni.
Tutti potranno analizzarti e verificare a priori se tu sarai o meno una buona madre, se la tua famiglia può essere considerata tale e sarà in grado di far crescere decentemente un bambino.
Soprattutto, tutti potranno dire se tu meriti o meno di averne uno.
Non so, mi piacerebbe molto che questo tipo di Inquisizione venisse poi applicata a tutti i generi di futuri genitori, anche a chi meccanicamente è abilitato per fare figli.
Due si presentano col certificato di fertilità davanti ai giudici e iniziano un percorso di valutazione venendo sottoposti ad un po’ di domande tipo:
Voi avete una formazione socio culturale che vi permetterà di far crescere vostro figlio in un contesto stimolante e epurato da qualsiasi trauma?
Voi darete una vera e sana famiglia al figlio che nascerà, oggi come domani?
Voi sarete in grado di provvedere economicamente a vostro figlio fino al termine degli studi universitari?
Voi vi dimostrerete delle persone stabili psicologicamente ed emotivamente pronte ad affrontare un percorso di iter educativo che vi vedrà privarvi di tutta la vostra indipendenza e vi farà compiere enormi sacrifici solo per il bene di vostro figlio?
Voi terrete un comportamento dignitoso e sarete un esempio di rettitudine per tutta la sua vita?
Credo che se ciò avvenisse, metà di voi e me compresa, non saremmo oggi qua a scrivere cazzate su Facebook.
E’ dall’inizio dei tempi che l’utero riveste un’importanza fondamentale, da lì parte la vita certo, ma se ci pensate bene, l’utero non è altro che un organo cavo posto sopra un orifizio, oserei paragonarlo ad una bocca: prima di aprire qualsiasi orifizio, che voi siate uomini, donne, con utero attivo o meno, bisognerebbe sempre e comunque collegare il cervello.
Wanted …dead or alive?
Avete presente quando sullo schermo tv vi appare il faccione di una donna in primo piano con accanto la descrizione fisica e sotto la scritta lampeggiante appello urgente?
Non parlo di quei casi di scomparsa presunta, quelli per cui è chiaro che l’allontanamento volontario sia da escludere, intendo quella che dice “esco a prendere le sigarette e torno subito”.
Invece, letteralmente, scompare.
Parrà strano ma quando vedo queste notizie mi viene da sorridere, non riesco ad immaginarmela disperata o in pericolo, o almeno non più disperata di quanto lo fosse nel suo habitat naturale.
Perché mica deve essere facile prendere e andar via, scomparire da tutto e tutti ma è anche vero che a volte il coraggio ti viene dalla disperazione più totale.
Dopo anni di Chi l’ha visto e di appelli di questo genere, son certa di poter sostenere che gli uomini scompaiono per sfuggire a debiti o ammissioni di colpa, le donne invece perché stanche marce di dover essere tutto per tutti.
Notate inoltre, che questi sono tutti casi di donne di mezza età oberate di responsabilità fin sopra i capelli, con figli egoisti e mariti invisibili.
E la cosa più buffa di questi casi, sono le interviste ai suoi familiari: facce sbigottite che sanno solo dire “non capisco perché l’abbia fatto”.
Li vedi tutti lì, intorno al tavolo da pranzo che si guardano increduli cercando di spulciare nel loro rapporto per capire cosa non abbia funzionato.
Da loro vieni a scoprire che le uniche cose che la descrivono sono gli innumerevoli compiti che svolgeva per quelle persone: lavorava alacremente per pagare il corsi di ballo alla figlia, la scuola di calcio al figlio, poi tornare a casa, fare la spesa, preparare la cena e rassettare la cucina, pagare le bollette, chiedere prestiti, visitare parenti malati, dare da mangiare al gatto, portare fuori il cane, rammendare i calzini e concludere la giornata stirando solo a tarda notte.
Si accollava tutte le responsabilità della casa e della famiglia senza fiatare e magari il marito, vista la sua inesauribile disponibilità, ha pensato bene di portarle in casa anche sua madre 80enne non autosufficiente, giusto perché non si annoiasse manco mezz’ora.
Così con nonchalanche, snocciolano anni di pura schiavitù senza un minimo accenno ad un suo svago, un suo hobby o qualche uscita con le amiche.
E mentre la raccontano, è imbarazzante vedere quanto loro non si accorgano del fatto che andarsene sarebbe parso normale per chiunque, che nessuno dovrebbe avere una famiglia per poi essere la sola ad occuparsene.
Così, richiami alla mente la sua faccia apparsa poco prima: foto di anni prima perché di recenti si sono accorti di non averle, viso stanco e segnato eccessivamente dal tempo, nessun maquillage e capelli fuori posto.
E li capisci tutto.
Questa donna all’improvviso ha realizzato che loro non stavano capendo e non avrebbero mai capito.
Quindi che fa? Scompare, punto.
Come a dire: sapete cosa dovete fare cari miei? Arrangiarvi.
Da domani vi lavate i vostri calzini, vi cucinate quello che più vi piace e pensate voi a come mandare avanti le vostre vite.
Ma mentre ti trasmettono il loro sgomento, a me sorge un dubbio: la rivolete a casa perché preoccupati per la sua vita o per la vostra improvvisamente incasinata e faticosa?
Se questa domani tornasse, cambiereste il modo in cui fino ad oggi l’avete obbligata ad essere o già dal mattino successivo, la rileghereste ai suoi doveri da mulo instancabile?
Una persona deve andarsene per far capire a chi le sta più vicino quanto importante sia e quanto dolore sta provando?
E’ lei che non si è mai mostrata stanca, triste e spossata o voi, che passando per la cucina a mezzanotte, vedendola seduta con la testa fra le mani, avete tirato dritto senza darle il minimo conforto?
Non lo so, ma ora io la immagino felice in mezzo ai barboni di qualche stazione sperduta, con la sua copertina sgualcita e i pasti caldi della Caritas, finalmente libera di pensare solo a se stessa, tanto amata non lo era di certo nemmeno prima, pronta alla prima avvisaglia di polizia a nascondersi ben bene per la paura che la riportino indietro.
Se ad una persona questa situazione non pare manco la peggiore, figuratevi là dentro cosa poteva essere.