Buonanotte Fiorellino

E il piazzale era avvolto da un silenzio rispettoso, il nostro, di noi in piedi fuori dalla chiesa gremita di gente che aveva avuto il tempo e la scaltrezza di arrivarci prima.
Eppure anche noi lì rimanevamo immobili, con la testa bassa e il fiato corto, sparsi come ciotoli tra i gradini e le piante intorno.
Cosa cambia tra l’assistere alla funzione accanto al prete o percepire solo una flebile eco delle sue parole?
Il rispetto e il dolore lo mostravamo comunque, anche a due passi da una gelateria affollata.
D’un tratto arrivarono dei ragazzini, le loro risate e le loro corse violentarono i nostri silenzi.
Attraversarono il piazzale nella nostra più totale incredulità, spingendosi e rincorrendosi come in una banale giornata qualunque, non mostrando il minimo interesse per ciò che stava accadendo, forse senza neppure accorgersi di noi, dei nostri cappotti neri e di ciò che stava accadendo a pochi passi da loro.
Tutti i presenti cominciarono a scambiarsi occhiate di rabbia, sguardi di disapprovazione carichi di disprezzo per quella sfacciata irruzione.
“Che qualcuno li faccia stare zitti ” sussurrò una accanto a me.
“Ah se fossi io il genitore, che lezione gli darei appena tornati a casa” replicò un’anziana poco distante.
Io invece rimasi fissa a guardarli, gli occhi pieni di lacrime, con l’angolo dell’occhio destro riuscivo ancora a scorgere il portone della chiesa e con esso, il lungo corridoio vuoto con una bara di legno chiaro in fondo, mentre con la vista centrale rimiravo la loro gioia, la più totale mancanza di rispetto a cui avevo mai assistito nei confronti della morte.
Però che belli che erano nella loro vitalità, così irriverenti e vivaci, così stonati in quei pochi metri che ci dividevano dal portone e dalla parole solenni di un’omelia.
Se da una parte qualcuno mi spiegava a parole che la morte non era la fine, loro mi insegnavano coi fatti a non temerla, a sfidarla.
E in mezzo a noi tutti la sottile linea che divide una vita da una non più vita: un corridoio vuoto ed una bara chiara.
Ma in fondo il rispetto non è solo una paura non dichiarata?
E come si può avere paura della morte a quella età, come si può chiedere di rispettare qualcosa che non si riesce s capire poiché si avverte come una cosa lontana anni luce da loro?
Forse non c’è da capire nulla, c’è solo da vivere ancora di più.
Decisi di chiudere gli occhi e respirare profondamente, uno di quei respiri che fai per caricarti di energia positiva, quando i polmoni ti si dilatano talmente tanto da farti quasi male ma tu continui a spingerli con forza perché sai che poi starai meglio.
La morte forse non ha bisogno del nostro rispetto, ha bisogno di vita che le respiri addosso, di anima che le salti e le danzi attorno, di voci che le urlino contro.
Al termine della funzione, il piazzale si svuotò velocemente di tutte quelle figure nere e tristi che lo avevano riempito e ritornò ad essere ancora una volta colorato e rumoroso, come in una banale giornata di fine inverno qualunque, quando le giornate si allungano, quando tutto parrà più luminoso e vivo.

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