Oggi riflettevo su quanto fossi stata fortunata a non essere una baby prodigio.
Non sapevo fare bene niente, o almeno, farlo meglio degli altri della mia età.
Non spiccavo in nessuno sport, zero doti musicali, men che meno bellezza da passerella o ingegno sopraffino…niente di niente…un’insulsa bambina prima ed una mediocre normalissima adolescente.
Nessuna coppa da spolverare in cameretta allora e oggi da guardare con rammarico, mancanza assoluta di racconti di glorie passate da tirar fuori per dimostrare quanto anche io valessi o foto in passerella da rimirare e attaccare al frigor prima di una dieta.
Così, grazie a questa non dote, ho potuto passare una tranquillissima crescita facendo le cose che facevano tutti i normali ma con un casino di tempo libero, mentre le sfortunate prodigiose venivano scarrozzate a destra e a manca in concorsi, test, gare sportive e audizioni come fossero l’oracolo inviato sulla Terra per salvare l’umanità.
Mi ricordo i discorsi delle loro madri: mia figlia qui, mia figlia lì e tutte che ostentavano una schifosissima falsa modestia terminando sempre le loro frasi con ‘ o ma non lo dico io, lo dice chi se ne intende’.
Mia madre invece che faceva spallucce e voltandosi verso di me rispondeva “la mia è già tanto se si alza dal letto la mattina”.
Ed ecco che ora rivedo quella sensazione di avere un figlio prodigio negli occhi dei miei coetanei e mi convinco sempre più che sia fondamentale per loro, i genitori, dover forzatamente crescere qualcosa di diverso dagli altri.
Perché poi, ripensandoci, di tutte quelle indiscusse celebrità infantili della mia epoca, non ne vedo più traccia.
Come se quella spiccata dote fosse più un’allucinazione dei genitori che una realtà.
Come si può fermare un genitore con le allucinazioni? Uno che parte in quinta svegliandosi una mattina e decretando che quel figlio debba emergere su quelli degli altri?
Perché la cosa più triste di tutto questo sforzo e questo togliere tempo alla normalità di una crescita qualsiasi, è il non capire che ad ogni sconfitta, ad ogni concorso non vinto ed a ogni gara persa, quel bambino si sentirà il peggiore, mica il migliore. Magari il peggiore tra i migliori, ma per una mente giovane che non sa ancora scindere parametri così elevati, sempre il peggiore rimarrà.
Quando a volte, se quella dote oggettivamente esistesse, basterebbe solo aspettare che lo sia veramente, il migliore, anziché buttarlo nel tritacarne di qualcuno interessato solo al business che vostro figlio gli procurerà.