In fila al supermercato.
Una signora dietro di me risponde al cellulare, si intuisce che è il marito. Sono le 19.20.
Probabilmente lui la chiama dal fisso, perché si sente la gioia con cui gli risponde scoprendolo già a casa.
Poche parole e dall’entusiasmo si passa alla delusione. Lei gli elenca tutte le cose buone che si appresta a pagare, la cenetta che pensa di cucinargli e la fretta con cui arriverà a casa, visto che sarà pure affamato. Ma il tono si smorza dopo poco.
Lei inizia a risponde con monosillabi “a vai in palestra? Non puoi aspettarmi a mangiare? Va bene, fatti la carne impanata, ok se torni tardi, prendi le chiavi”.
Facile intuire che la chiamata fosse solo per assicurarsi che la carne in frigor fosse ancora commestibile e un breve avviso nel caso lei volesse cucinare pure per lui.
Se io che manco mi sono girata per guardarla, ho palesemente percepito il suo dolore, perché un marito no? Come ci si può sposare con una persona che non capisce dal tono di voce quanto male possa provocare una delusione? Quanto può essere duro non pronunciare apertamente il proprio stato d’animo e rassegnarsi a cenare da sola?
Voi direte, beh che esagerazione, per una cena saltata e da cinica potrei pure dirlo, ma stavolta no; fossi stata io il marito, mi sarei inventata una scusa banale, tipo male di testa e l’avrei richiamata.
Inutile dirvi che il cellulare non è più squillato.
Ho sempre capito pochissimo in fatto di matrimoni, ma una cosa è certa, di delusioni così per i miei gusti, ce ne sono fin troppe di questi tempi.